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Preoccupazioni legate ai dazi, alle raccomandazioni dell’Oms sul consumo di alcol e alle dinamiche internazionali stanno pesando sull’umore di vignaioli ed enologi. A riportare il dibattito su un piano più ampio è Coldiretti Asti, che ha organizzato un confronto con Vincenzo Gerbi, enologo e professore ordinario all’Università di Torino.

“Il vino non si può mettere sullo stesso piano delle altre bevande alcoliche – ha spiegato Gerbi –. È il frutto diretto della trasformazione dell’uva e racchiude una diversità unica: 600 vitigni, mille terroir e culture di vinificazione che rendono ogni prodotto diverso dall’altro”.

L’esperto ha sottolineato come l’educazione al vino richieda conoscenze di base – dal riconoscere un vitigno alla comprensione del grado alcolico – ma non più complesse di quelle che i consumatori applicano ad altri beni di consumo.

Sul tema dei vini dealcolati, Gerbi ha espresso perplessità riguardo ai processi tecnologici utilizzati, ritenuti invasivi: “L’alcol non è l’unico elemento che viene tolto, anche altri componenti volatili se ne vanno, modificando l’identità del prodotto. Per questo è stato prudente non estendere la dealcolazione alle doc e docg”.

Sulla stessa linea la presidente di Coldiretti Asti, Monica Monticone, che ha ribadito come togliere l’alcol ai vini a denominazione significhi compromettere un’identità troppo radicata.

Secondo Gerbi, i vini dealcolati possono avere un ruolo di mercato, ma è fondamentale che i consumatori non abbandonino i vini tradizionali: “Il vino non si beve e non si tracanna, si assapora. È festa e condivisione, è un patrimonio culturale e sensoriale che non va disperso”.

In chiusura, il direttore di Coldiretti Asti Giovanni Rosso ha riaffermato l’impegno dell’associazione: “Il nostro compito è portare conoscenza e consapevolezza tra i consumatori, per difendere i vignaioli, il territorio e una tradizione millenaria che ci appartiene”.

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